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L'innovazione nel mondo Finance

Una presentazione del tuo excursus professionale ed il tuo motto


Nell’arco di tutta la mia carriera professionale, ho sempre ricercato diverse prospettive dalle quali guardare le aziende presso le quali ho lavorato, rimanendo tuttavia quasi sempre in ambiente finance. Bilancio, controllo di gestione, budgeting, aspetti fiscali o di diritto societario e tanto Credit Risk Management naturalmente. È come se fossi rimasto fedele al principio che l’impresa ha per sua natura uno scopo di lucro, ed io ho sempre voluto assicurarmi che fosse così. Il mio motto aziendale: essere solo argini per il fiume di conoscenza, mai dighe.


In un contesto come Samsung, il tuo ruolo di Credit Manager ha fisiologicamente un’impronta “global”. Hai dei paesi benchmark da cui prendi spunto per il raggiungimento dei KPI strategici? C’è qualcosa che invece consideri talmente peculiare del mercato italiano da non potere avere parametri di confronto?


Samsung Electronics ha le peculiarità di tutte grandi corporation internazionali, permeata dalla cultura coreana e dalla cultura sua propria che in oltre 50 anni ne ha fatto un’azienda di indubbio successo. Potendo attingere ad una grande quantità di dati, è normale che risulti possibile ed utile costruire Benchmark e KPI frutto delle esperienze di tutti i mercati in cui l’azienda è presente. Pertanto non basta essere bravi o eccellere rispetto al mercato italiano, ma anche esserlo nei confronti degli altri team negli altri paesi del mondo. In questa logica, le peculiarità italiane, e le sue affinità con alcuni mercati soprattutto dell’area Emea, non sono rilevanti ai fini della performance, che deve comunque eccellere su parametri globali. Può sembrare paradossale, ma tra le tante procedure globali aziendali che regolano anche il credit management, il motto aziendale, do what you can’t, diventa quello sprone ci permette di andare oltre le regole stesse e far nascere anche localmente l’innovazione di processo o di prodotto.


Il tuo focus è gestire e ridurre al minimo le incertezze. In un contesto mondiale che pare contrastare questo obiettivo, l’intelligenza predittiva della AI che valore ha o potrà avere per il tuo team?


Anche nella mia professione, l’intelligenza artificiale rappresenta una grande opportunità. La sempre più grande mole di dati che raccogliamo per migliorare le nostre capacità predittive in fatto di rischio di default e rischio liquidità, abbinata ad una complessità crescente sia essa endogena o esogena, ci costringe a cercare un aiuto nel poterla governare. L’AI, può aiutarci a rintracciare tutti quei segnali di rischio deboli e forti, che lasciano tracce nella vita di tutti i giorni, sulla rete, sui social, sulle news. Poterli trovare, decodificare, organizzare e dare loro una priorità per poi consegnarli al professionista che ne valuta congruità e rilevanza, può essere veramente decisivo in futuro.  Il mio team, utilizza già una soluzione basata sui concetti AI sviluppata internamente, che cominciamo a far crescere, educandola ai nostri scopi.


Già nel 2016 presentavi una soluzione di Supply Chain Finance web based con al centro l’interesse di tutti gli operatori della filiera. Anche il web 3 ha il suo mantra nel credere in una community collaborativa. Quali progressi sociali ti immagini dalla mass adoption di questa tecnologia?


Nel mondo del Fintech, del Supply Chain Finance, ma anche del Web3, gli anni intorno 2016 sono stati un periodo di cosiddetto “winter market”, o nei casi migliori di  “autumn market”,  caratterizzati da una grande creatività in termini di soluzioni prospettate ancorché non tutte realizzabili o sacrificate sull’altare del ROI di breve periodo. Dal punto di vista sociale alcune soluzioni finanziarie di filiera, ben si sposano con i criteri ESG, come ad esempio un dynamic discounting che finanziandoli, premia maggiormente i fornitori che conducono la loro attività in modo sostenibile. Il Fintech e il Supply Chain Finance hanno comunque a che fare, con il fare meglio quello che facciamo oggi. Ponendo il cliente al centro, customizzando la soluzione ed infine digitalizzarla per raggiungere la massima usufruibilità e efficienza, sono le strade che stiamo percorrendo. Oggi Fintech e SCF si può dire che sono maturi per muoversi in maniera lineare, ancorché in moltissime direzioni diverse. Il Web3   a differenza, intesa come l’insieme delle soluzioni (non solo finanziarie) basate sulla blockchain e tutta la comunità che vi entrerà a far parte, rappresentano una vera rivoluzione, un cambiamento di paradigma. Rappresenta il fare in modo diverso quello che facciamo oggi, e fare cose nuove che ancora forse, possiamo solo immaginare. Il Web3 cambierà profondamente la società di oggi, magari mitigando i limiti dell’extra connessione, che paradossalmente ci avvicinano virtualmente per dividerci socialmente sempre più. Il Web3 è la liberta di muoversi in regole condivise, senza la ratio di contestarle in quanto appunto condivise, che sono autoreferenti solo in quanto funzionanti. Il cambiamento, anche nel caso del Web3 sarà guidato, dalla forza che assumerà la comunità collaborativa e dalle possibilità di mass adoption 


Rubiamo da Proust …: Qualità che apprezzi di più in una persona? Il tuo peggior difetto? L’impresa storica che ammiri di più?


Potendo scegliere una sola qualità, tra le tante che apprezzo nelle persone, direi la trasparenza. 

Il mio peggior difetto è la costante ricerca di equilibrio tra creatività, focus e cocciutaggine.

L’azienda del passato che ammiro di più, almeno nel secondo dopoguerra, direi l’Olivetti.


“L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel farlo con novità” Sei d’accordo con questa affermazione? In generale il mondo NFT che valore aggiunto portano in tal senso?


Sono d’accordo con l’affermazione soprattutto se si parla di contemporaneità, ed in questo contesto si inseriscono anche gli NFT che rappresentano opere d’arte. Siano essi nativi digitali o “importati”, gli NFT vanno, a mio parere, oltre l’arte contemporanea in quando cambiano nuovamente ed anche rispetto all’arte digitale, l’usufruibilità dell’opera. Reintroducono ed amplificano il concetto di portabilità, posso portare con me la mia opera ovunque io sia e anche proiettarla su superfici diverse per cambiarne il calore. Grazie ai protocolli blockchain posso trasferire la proprietà dell’opera in sicurezza ed approcciare mercati potenzialmente infiniti dove il compratore non ha bisogno di conoscermi per avere la certezza dell’autenticità dell’opera ed io del suo pagamento.  L’NFT è arte democratica per definizione come lo è il Web3 ed in quanto basata sullo stesso. Posso comprare parti di un opera NFT, inviarla ad un amico, collezionarla e cercare di ricomporla come un puzzle.  Quali altre forme d’arte consentono tutto questo? Se l’arte è emozione, poterla traferire con tale facilità non può essere che una cosa positiva. Poi ci sarà sempre chi come me, dopo aver collezionato album mp3, dopo aver provato a parlare di musica con Alexa, e investigato i mirabolanti e randomici archivi musicali di Spotify, è tornato  a godersi il suono avvolgente e profondo del vinile. Anche tornare alle origini con rinnovato piacere è il bello della tecnologia che evolve.


Distributed Minds

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