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INTERVISTA A MADDALENA D’ALFONSO:
L'arte, la museografia e l’innovazione digitale nel mondo blockchain




✔️ La tua storia professionale e non in pillole ed il tuo motto


Io sono un architetto e da sempre, sin da ragazzina, ho amato il mondo dei musei, il mondo dell'arte. Il mio primo progetto, per esempio all'università, è stato proprio il progetto di un museo. Ho studiato al Politecnico di Milano dove ho ottenuto un dottorato nel 2004 in Filosofia degli Interni, delle Mostre d'Arte e della Museografia e dove ho poi insegnato per una ventina di anni.

Uno dei passaggi fondamentali è stato l’Erasmus in Portogallo dove ho frequentato la celebre Scuola di Porto, esperienza nella quale ho conosciuto il professor Nuno Portas e l’architetto Alvaro Siza – due punti di riferimenti assoluti dell’architettura molto legati ai temi del sociale.

Ho potuto viaggiare molto all’inizio della mia carriera e ho curato diverse mostre su temi di architettura, fotografia e paesaggio, le più rappresentative delle quali sono state allestite in Portogallo, Brasile e negli Stati Uniti oltreché in Italia. Sulla scia di queste esperienze, ho scritto saggi e cataloghi ottenuto dei riconoscimenti che non immaginavo mi sarebbero spettati.

Da qualche anno sono Board Member di ICAMT, l’International Committee for Architecture and Museum Techniques di ICOM, International Council of Museum.

Il mio motto è un po’ buffo e davvero fino ad ora non avevo mai pensato di averne uno, ma in effetti che ciò ripeto spesso è: “il meglio è nemico del bene”. Se vuoi davvero lavorare con gli altri, in rete, devi sostanzialmente negoziare tutto e capire dove si può arrivare con le risorse disponibili e la pazienza degli interlocutori, così da spingere il progetto fino a lì, senza desiderare andare oltre. Non sempre per chi è perfezionista come me è facile.
 

✔️Quali sono stati i momenti più formativi nella tua carriera che ti hanno portato a diventare un architetto, curatore, e scrittrice di successo?


Gli incontri con Gabriele Basilico e Alvaro Siza, un Pritzker Prize, molto legati entrambi ai temi della trasformazione urbana e del sociale sono stati fondativi: con loro ho scoperto la mia personale propensione verso l’architettura e i progetti che riescono ad affermare e diffondere principi democratici e costituzionali delle democrazie storicamente determinate. Sentivo che questi aspetti appartenevano alla mia sensibilità ma fino a quel momento non li avevo identificati pienamente.

Nel mio primo viaggio lavorativo in Brasile invece ho compreso come i musei si siano evoluti da luoghi che rendono disponibile l'arte e le collezioni al pubblico nel secolo dei Lumi, in vere e proprie istituzioni democratiche aperte al mondo. Non solo dei monumenti che consentono di scoprire e comprendere il nostro passato ma dei presidi democratici di ricerca e comprensione per disegnare il nostro futuro.

Per quello che riguarda le mie mostre, quelle forse più prestigiose sono state certamente quelle che ho fatto in collaborazione con Basilico e Siza e poi Ereditare il Paesaggio, curata con la grande Photo Editor con Giovanna Calvenzi.  L’altra, anch’essa itinerante e internazionale, è stata su De Chirico, dove uno dei problemi critici è stato il tema dell’autenticità delle opere d’arte e della contraffazione.

Anche il mio ruolo presso l’ICAMT e l’ICOM è estremamente importante. Mi ha aiutato ad approfondire le mie competenze nei vari ambiti di un museo: la curatela, le tecniche museali e di architettura, la gestione dei depositi, l’amministrazione, le assicurazioni fino ad arrivare alle tecnologie che ne sviluppano le potenzialità, contribuendo a diffondere i contenuti artistici, curatoriali e scientifici.
 Come membro di questo board ho deciso di cominciare a
interrogare gli aspetti tecnologici, che fino a questa esperienza avevo considerato di secondaria importanza nelle attività di un direttore, di un curatore o di un architetto. Questi invece sono ormai così centrali rispetto alla progettazione strategica di un museo o di un’esposizione che, se non vengono considerati fin dall’inizio, si rischia che il suo esito risulti se non fallimentare molto incompleto.
 Imparare a gestire un progetto curatoriale o architettonico non significa necessariamente limitare l’ambizione per via delle complessità incontrate: significa ascoltare tutte le componenti e tutti gli attori, interrogarsi sugli obiettivi e semplicemente completare un’esperienza al meglio, collezionando nuove idee per rendere quella successiva migliore.
 

✔️ La sostenibilità economica è una dimensione fondamentale per le strutture che producono cultura, conditio sine qua non perché riescano ad estendere le loro funzioni di pubblica utilità. Quali possono essere i pilastri su cui poggiare una strategia che consenta di esaltare l’enorme potenziale del Belpaese? 

Cominciamo col dire che in Italia, oltre che nei musei, l’arte, la storia e la cultura sono diffuse ovunque nelle nostre strade e nelle nostre piazze. Nelle città come nelle campagne. Questo è chiaramente una ricchezza incredibile che però rischia di essere trascurata o semplicemente non valorizzata perché, essendo ovunque intorno a noi, non la guardiamo con la dovuta attenzione e rispetto. E, così, paradossalmente, noi Italiani viviamo così a stretto contatto con questo mondo che spesso tendiamo a darlo per scontato o a approfondirlo molto limitatamente. Il primo pilastro è non perdere la consapevolezza del bello che ci circonda nella realtà.

Nei musei, generalmente, la modalità di fruizione dei contenuti è ancora estremamente tradizionale. Ecco allora che dobbiamo trovare dei sistemi che permettano di innescare l’interesse delle persone, in particolare delle nuove generazioni. Riuscire a legare il nostro patrimonio alle nuove tecnologie può avvenire con quello quelli che io chiamo trigger. Quel dispositivo strategico frutto del design thinking, che può permettere di mostrare l’arte in modi non convenzionali e sui canali più frequentati oggi dalle giovani donne e dai ragazzi e che possono avvicinarsi alla bellezza, alla complessità e al loro approfondimento.

Tecnologie come la realtà virtuale o la realtà aumentata e l’uso del gaming potrebbero essere pensati come dei trigger estremamente efficaci per catturare un pubblico giovane e non abituato alle mostre. Inoltre, la gestione e l’uso mirato degli NFT potrebbe favorire gli accessi ai musei alle famiglie a condizioni particolari, potrebbe rendere possibili accessi ai più bisognosi offerti ad esempio da istituzioni filantropiche, potrebbe anche incentivare privati o organizzazioni a sostenere economicamente istituzioni culturali fragili, mostre o anche progetti culturali.

Le nuove tecnologie che rendono possibile l’avvio del Web3 apriranno moltissime nuove opportunità di cui dovremmo esplorare il potenziale. Per riuscire a implementarle praticamente probabilmente ci sarà ancora bisogno di qualche anno, di risorse specifiche e di formazione per chi opera e ha responsabilità nel settore della cultura. Bisognerà negoziare con i nostri stessi desideri di vedere realizzato un mondo perfetto, ma se sfruttiamo bene e guidiamo le sue origini avrà una vita propria, che potenzierà il nostro sistema democratico impostato sulla valorizzazione della cultura. Il secondo pilastro, quindi, è porsi alla guida del cambiamento.

 

✔️La fondazione di Md’A Design Agency è focalizzata su soluzioni creative sostenibili. Puoi condividere un esempio di progetto che riflette questa filosofia e il suo impatto sull’ambiente?


Le nostre iniziative sono da sempre attente
al sociale e alla sostenibilità. Per esempio, abbiamo risposto a un bando della Fondazione di Comunità di Milano di Cariplo che ci ha consentito di organizzare un episodio espositivo nella Casa di Reclusione di Opera. Realizzare eventi del genere richiede di dimostrare il rispetto di tutta una serie di linee guida estremamente stringenti sulla sicurezza e conservazione delle opere d’arte. Abbiamo esposto opere del pittore Enrico Baj, coinvolgendo tutta la comunità carceraria composta, non solo dai detenuti e dalle loro famiglie in visita, ma dagli operatori, dal personale amministrativo, dalla polizia penitenziaria. Un'opera d'arte è stata esposta nel parlatorio, che è il luogo dove hanno accesso anche i bambini, spesso estranei ai musei. Ho constatato di persona come prima non ho avuto modo di osservare, che ragazzini che non avevano mai visto un'opera d'arte allargavano gli occhi per la meraviglia, curiosi dello splendido quadro policromo. E’ un progetto legato alla sostenibilità sociale e alla gestione precisa delle risorse economiche.
 In questo caso la frase “il meglio è nemico del bene” è stata un mantra costante. Avremmo voluto fare cose anche più ardite, come portare le opere nelle aree adibite esclusivamente ai detenuti ma non è stato possibile, soprattutto per le assicurazioni e la loro paura che le opere potessero essere danneggiate, nel posizionamento e montaggio, poiché noi operatori esterni non saremmo potuti entrare ovviamente. Le abbiamo messe in ambienti comuni, dove analoghi problemi circa la conservazione e il deterioramento sussistevano. In questo caso la tecnologia,
e in particolare un monitoraggio 3D delle opere in ingresso e uscita fatto da Aerariumchain, ci ha aiutati a superare le resistenze che in passato avevano reso impraticabili questo tipo di mostre diffuse in contesti non preposti, nonostante le importantissime ricadute sociali.

Avrei tantissimi altri esempi di mostre ed eventi che sono stati resi possibili grazie all’implementazione di nuove tecnologie emergenti come quelle 3D, sia virtuali che progettuali, aprendo le porte a nuove modalità di gestione e fruizione dell’arte. Il connubio fra la tecnologia e il mondo dell’arte avvantaggia quest’ultima portandola da chi non può vederla direttamente, da chi ancora non sa come apprezzarne il valore o più concretamente da chi voglia amministrarla al meglio.

Ancora una volta bisogna superare barriere di forma mentis. Io stessa, come architetto, fatico a rinunciare alla fisicità e al muovermi nello spazio materiale, al percepire con tutti i sensi sul posto le opere d’arte e di architettura. Ma negli ultimi anni, lavorando a stretto contatto con chi si occupa di sviluppare e implementare le nuove potenzialità delle tecnologie come la digitalizzazione, le scansioni 3D oppure la blockchain, ho capito quanto tutti questi apporti possano giocare il ruolo di incredibili facilitatori per diffondere e conservare l’arte e la cultura. Le nuove tecnologie non rappresenteranno la soluzione dei problemi che dobbiamo affrontare, ma possono avviare un percorso che favorisce la crescita delle persone, sia nei confronti di sé stessi, sia nei rapporti con gli altri. La tecnologia rappresenta anche un volano per la sostenibilità, per ridurre gli sprechi, per allargare l’audience e per raccogliere fondi in modo nuovo.


✔️Adesso rubiamo dal questionario di Proust: la qualità preferita in una persona, il tuo peggior difetto e l’impresa storica che ammiri di più


La qualità che preferisco in una persona, non ne ho dubbi è la generosità. Credo che la propensione a lavorare per realizzare del valore per gli altri, anche per le generazioni future, sia la cosa che più mi commuove.

Il mio peggior difetto è senz’altro il mio essere molto diretta. Sono troppo appassionata e metto tutta me stessa nelle cose che faccio, mi piace essere assertiva. Dico quello che penso con enfasi e questo ogni tanto può intimorire o essere frainteso, e spesso non è apprezzato perché da una donna ci si aspetterebbe più morbidezza.
 Le imprese storiche raccontante finora sono soprattutto imprese maschili spesso eroiche. Da tempo ho cominciato a stuzzicare il mio piacere intellettuale cercando paradigmi diversi e soprattutto storie di donne che abbiano aperto percorsi nuovi.

In questo periodo sono ad esempio ispirata e rinfrancata da Hannah Arendt, una saggista, politica e scrittrice influente del XX secolo. Ha affrontato e ragionato su diverse tematiche, ma in particolare colpiscono le sue riflessioni argute sulla giustizia, sulla violenza, sul pensiero critico e, essendo lei ebrea, sulla sua idea di Israele. In questo momento drammatico e oscuro sono estremamente attuali le sue considerazioni a proposito di possibili modalità di coesistenza tra i popoli ebraico e palestinese.


✔️ Si sente parlare molto di metaverso come nuovo canale in cui comunicare e rappresentare l’arte. Qual è la tua opinione sull’impatto che questi nuovi mondi virtuali avranno sulla percezione e fruizione dell'arte in futuro?


Il Metaverso sta emergendo come spazio dell’impossibile e si stanno creando varie realtà artistiche e anche museali al suo interno. Io stessa e Md’A Design Agency siamo chiamati da un cliente a immaginarci un museo del tutto virtuale. Stiamo riflettendo proprio per capire quale possa essere il suo plusvalore. Per noi è molto importante che in questi spazi siano presenti varie rappresentazioni di una stessa realtà, ospitate in ambienti che prevedano delle regole di ingaggio trasparenti e certificate. Le opere da esporre nel Museo potranno essere di diversa natura ma dovrà, per esempio, essere chiarissimo a tutti che cosa sia autentico e cosa sia una scenografia per ambientarlo: rendere immediati contenuto e contenitore, proprio come in un progetto museografico nel mondo reale.

Il vero tesoro che blockchain e Metaverso offrono ai musei è la digitalizzazione immutabile, certificata e tracciata degli oggetti e dei relativi documenti. Notarizzare e tracciare tutto processi, oggetti, documenti e testimonianze significa fare un lavoro straordinario per rendere innanzitutto imperitura la storia anche frammentaria e manchevole, che si è conservata fino a quel momento. Significa rendere disponibile questo materiale a chiunque lo vorrà approfondire nel tempo e nello spazio.

A livello spaziale invece nel Metaverso sono realizzabili mondi straordinari che permettono creatività completamente diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati nella vita. Per esempio, ci si può spostare volando, muri e pilastri non sono più necessari per sostenere i pesi della materia o per delimitare degli spazi contigui: non esistono frontiere. Quindi il virtuale ci consente a livello architettonico di ri-concepire dei luoghi del pensiero che siano liberi e complementari rispetto a ciò che devono narrare, esprimere, rappresentare. Nel metaverso tutto è possibile.

Il punto, però, è capire quali trasformazioni il Metaverso porti nel mondo reale. È la riflessione che stiamo facendo io, Giovanni de Niederhäusern di Pininfarina e Patrick Tuttofuoco con il Museo di Nuoro, dove il 24 novembre sarà inaugurata una mostra. Qui con un progetto congiunto invertiamo le dinamiche dell’immaginario, portando nella realtà fisica una serie di istanze che nascono nel e con il mondo digitale, realizzando forme tipiche del Metaverso. Proporremo un ambiente immersivo che simula un 3D, in modo da poterci camminare dentro come se fossimo in un ambiente di cryptoart.  Si intitola Il Resto dell’alba, in un ambiente progettato con strumenti di design parametrico di tipo generativo - interamente realizzato in alluminio tagliato con una tecnica denominata mesh clustering, per ottimizzare l’uso del materiale nella realizzazione a controllo numerico e l’assemblaggio a secco - il passato dell’arte è rappresentato da una scultura archeologica nuragica, il futuro dalla scultura luminosa di un sole doppio incipiente mentre il visitatore esplora il presente.



 

Distributed Minds

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