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INTERVISTA A VALERIO GRASSI " DAL CERN AL MONDO INDUSTRIALE"


Iniziamo con una breve auto-presentazione personale e professionale. C’è un motto che ti rappresenta?


Molto semplicemente, io sono un
fisico sperimentale. Uno di quelli che vedi sempre con il cacciavite in mano perché da sempre sono appassionato del mondo della tecnologia e della ricerca. Sono una persona estremamente curiosa, uno affascinato dalle sfide difficili, che non si accontenta delle risposte semplici.
In realtà non ho un vero e proprio motto, ma mi guida una frase che Kennedy fece in un suo famoso discorso del 1961 quando annunciò al mondo che gli Stati Uniti entro la fine del decennio avrebbero portato un uomo sulla luna: 
We choose to go to the Moon in this decade and do the other things, 
not because they are easy, but because they are hard."

Mi piace particolarmente anche perché è estremamente efficace: non solo afferma di aver definito un obiettivo estremamente chiaro e sfidante per tutta la nazione ma dice anche entro quando quell’obiettivo dovrà essere raggiunto. Entro questo decennio.



Hai lavorato per anni al CERN di Ginevra, ed hai lavorato nel team che si è dedicato alla ricerca del Bosone di Higgs – ed eri li quando il Bosone è stato trovato. AI & Fisica #quantistica


L’esperienza al CERN è stato oggettivamente il momento più alto della mia esperienza professionale. Abbiamo lavorato alla ricerca del Santo Graal della fisica, che solo 50-60 anni prima era considerato una missione tecnicamente impossibile. Il Bosone di Higgs rappresenta l’architrave del nostro universo e noi finalmente, per la prima volta, siamo riusciti a toccarlo con mano. 
Sono peraltro consapevole di essere stato un uomo fortunato: mi sono trovato con l'esperienza giusta, al momento giusto nel luogo giusto. È stata una grande scoperta che ci ha fatto raggiungere quell’obiettivo che tanti fisici come me avevano sognato per una vita. Tanti altri che verranno, come i fisici che hanno lavorato nei decenni precedenti, dovranno accontentarsi a lavorare duro nel corso dei prossimi lustri per sviluppare nuove tecnologie e nuovi approcci sperimentali che saranno indispensabili per generare le nuove scoperte delle generazioni ancora successive di ricercatori: le tecnologie attuali, purtroppo, non si sono rivelate per ora efficaci per andare oltre nel campo di ricerca della fisica delle particelle.

Le tecnologie che abbiamo utilizzato per realizzare questa scoperta epocale sono quelle che hanno concepito e sviluppato i fisici a partire dagli anni ‘40 e ’50: i semiconduttori, le fibre ottiche, le tecnologie degli acceleratori di particelle ecc. Adesso la frontiera tecnologica si sta evolvendo nella direzione di connettere sistemi e, con l’intelligenza artificiale, stiamo lavorando a creare una sorta di sistema nervoso artificiale che potenzierà la capacità umana nel perseguire il lavoro di ricerca.
La cosa straordinaria è che il sistema della ricerca si sta democratizzando: per lavorare alla ricerca del Bosone di Higgs è stato necessario consorziare diverse nazioni che hanno dovuto investire somme ingentissime per realizzare l’infrastruttura senza la quale questa scoperta non sarebbe mai stata possibile. Non a caso al CERN nasce il World Wide Web.  Oggi, connettendo i sistemi e condividendo in rete la potenza di calcolo disponibile nel mondo, è possibile portare avanti studi avanzatissimi anche da parte di piccoli gruppi di studiosi che lavorano nei quattro angoli della terra sfruttando il cloud computing. Magari sarà proprio da qualcuno di questi che arriverà il prossimo breakthrough.
 


Sei stato insignito del titolo di "Cavaliere dell'Ordine al Merito" dal Presidente della Repubblica Italiana? Qual è stato l'impatto di questo riconoscimento sulla tua carriera e quanto questo riconoscimento è merito anche del cosiddetto PACT, ovvero di un contesto favorevole determinato dalle persone, dalle aziende, dalla collaborazione e dalle tecnologie che avevi intorno?


Sono naturalmente molto orgoglioso di questo riconoscimento. Quello di cui però vado più fiero non è tanto l’averlo ottenuto: questo è un evento una tantum. Piuttosto mi fa sentire bene la sensazione che provo quando la mia coscienza mi fa sentire di continuare a meritarlo per quello che continuo a fare.

La Croce di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica, per quello che significa, non può diventare solo una decorazione in una scatola oppure appesa in un quadro dalla cornice pomposa. Deve prendere vita ogni giorno nelle azioni e nel pensiero di chi ne è stato insignito. È un punto di partenza e non di arrivo.

Perché quel riconoscimento significa soprattutto essere un buon cittadino, qualcuno che contribuisce al progresso della Nazione. Io continuo ad essere mentore di generazioni di studenti nelle discipline scientifiche ed ora anche di nuove generazioni di studenti in discipline economiche che si avvicinano al paradigma della Industria 4.0.

Beh, i successi non si colgono mai da soli. Al CERN, o per il CERN, nel corso del tempo hanno lavorato migliaia di persone – per esempio. Le tecnologie con cui ho avuto l’onore e la fortuna di lavorare sono state il frutto di altre generazioni di fisici che, nel corso dei decenni, le hanno rese possibili. E, ovviamente, anche la collaborazione internazionale di diversi Paesi è stata assolutamente determinante per poter raggiungere questi risultati. Ma le persone, senza collaborazione, non sono nulla. In contesti come quelli del CERN, con persone di culture e retroterra completamente diversi, era indispensabile saper lavorare insieme attorno ad obiettivi comuni.
Per essere candidato a ricevere certi riconoscimenti è indispensabile che un certo numero di persone ti candidi. E perché qualcuno ti candidi, è indispensabile sviluppare
un contesto favorevole che sappia estrarre da ciascuno il meglio di sé stesso ed orientarlo all’obiettivo comune. Io ho avuto la fortuna di incontrare persone incredibili a cui sono grato di avermi proposto per questo prestigioso riconoscimento.

Comunque, ogni tanto scherzo con la mia compagna e le mie figlie: “quale donna non vorrebbe avere in casa un Cavaliere”?

Allora mi mandano a portare fuori la spazzatura... ma una vena di orgoglio nei loro occhi la noto e mi sento felice.




Proprio lo scorso ottobre hai portato alla ribalta una piccola e sconosciuta azienda industriale di cui sei Innovation Manager facendole vincere il premio “Impresa e Lavoro” erogato dalla Fondazione Milano per la Scala. Diciamo che non perdi il vizio di ottenere successi…
 

Esatto. Diciamo che da quando ho raggiunto certi traguardi professionali che non è possibile che si ripetano, come la scoperta del Bosone di Higgs, ho pensato di voler affrontare sfide per me del tutto nuove e che non avevo mai avuto modo di approfondire. Ecco, quindi, che provare a confrontarmi con l’ambiente industriale delle PMI ha rappresentato un nuovo stimolo, una nuova frontiera da esplorare. 

Ho voluto provare un’esperienza su scala molto piccola rispetto a quelle a cui ero abituato e ho iniziato a collaborare come Innovation Manager in una piccola impresa di provincia. Un’azienda, Unilock, con una storia di 40 anni ma che necessitava della transizione verso il paradigma di Industria 4.0 per continuare ad essere competitiva e rilanciarsi. Ho messo in campo la mia esperienza, tutta la mia ambizione nel riuscire anche in questo campo implementando tecnologie del tutto nuove per il contesto aziendale ma assolutamente funzionali. Ho favorito lo sviluppo di team di lavoro motivati e orientati agli obiettivi alla fine, tutti insieme, siamo riusciti a fare la differenza. Abbiamo raggiunto degli ottimi risultati ma all’orizzonte ce ne sono molti altri.



Quali sono stati i fattori chiave che hanno guidato la tua transizione da ricercatore e docente universitario a CEO di Atlas in ambito industriale? Di che cosa si occupa questa realtà?


Ho sempre riconosciuto di avere ricevuto tanto dagli altri, anche dallo Stato che mi ha formato per molti anni. Quando sono rientrato in Italia ho ritenuto che fosse giusto provare a dare una mano ai ragazzi che hanno intrapreso il mio percorso di studi. Ecco perché, tra le altre cose, oggi continuo la mia attività accademica come docente a contratto per dare il mio contributo per far crescere una nuova generazione di studenti.

E lo faccio “con il cacciavite in mano”, in un laboratorio di elettronica per i futuri laureati in fisica.

Atlas Advanced Technologies è un’azienda innovativa, spin-off di Unilock, e nasce proprio per dare un supporto e un indirizzo alle PMI o a start-up durante il loro processo di digitalizzazione indispensabile per stare al passo con la quarta rivoluzione industriale.
Recentemente, ad esempio, abbiamo sviluppato tecnologia per una start-up del nostro territorio e che sta sviluppando uno speciale spazzolino in grado di misurare il glucosio da un campione di saliva. Per loro abbiamo sviluppato
l’architettura dell’IoT compresa la gestione dei sensori e degli attuatori. Abbiamo fornito consulting ad una azienda che produce mole per piastrelle per automatizzare attraverso robot una loro linea produttiva. In questo momento stiamo discutendo di una potenziale collaborazione con una importante istituzione accademica in merito allo sviluppo di un dimostratore di tecnologia destinata al settore spaziale.
 


Rubando dal questionario di Proust, qual è la qualità che apprezzi di più in una persona? Il tuo peggior difetto? E l’impresa storica che ti ispira di più?


In una persona, la qualità che apprezzo di più è senz’altro la sincerità. Anche quando ci si sente dire quello che non vorremmo. L’assertività è una qualità estremamente preziosa. Anche i no, quando sono costruttivi, sono importanti. Devono essere considerati un punto di partenza, non un punto di arrivo.


Il mio peggior difetto probabilmente è forse l’altra faccia di un mio pregio. Sono molto caparbio e, a volte, è successo che questa mia caparbietà sia stata portata all’eccesso insistendo troppo su iniziative che probabilmente si sarebbero dovute pragmaticamente abbandonare prima. E questo è un tema su cui sto molto attento in ambito industriale: essere inutilmente caparbi spesso equivale a bruciare risorse. Sto sempre attento quindi a bilanciare le due facce contrapposte della caparbietà, cercando di evitare i tranelli che questa può tendere.
 
L’impresa storica che più mi ispira è senz’altro
lo sbarco sulla luna. Ogni volta che vedo le immagini di quegli astronauti mi emoziono. Mi affascina quella grande competizione che tra grandi nazioni che si è stata vinta da chi ha piantato per primo la bandiera su una superficie tanto distante e difficile da raggiungere. Una gara che è stata vinta in pace e per tutto il genere umano come recita la targa apposta su di una parte del LEM, il modulo lunare delle missioni Apollo (ma stiamo ritornando !). Tra l’altro, io sono nato proprio una decina di giorni dopo quel grande evento a cui mi sento molto vicino.



Come vedi la convergenza tra l'IoT e tecnologie emergenti come la blockchain nell'evoluzione dell'Industria 4.0?


I dati, precisi e in grandi quantità, sono ancora la chiave di ogni tipo di sviluppo del futuro. Gli strumenti Iot sono semplicemente dei sensori che raccolgono dati e che alimentano la filiera. Sono l’interfaccia tra il mondo fisico e il mondo che poi diventa virtuale. Sono proprio loro gli oggetti cruciali che permettono al mondo reale di diventare anche digitale, e di alimentarlo con grandi moli di dati. I quali, opportunamente elaborati, possono poi rientrare nel mondo fisico attraverso l’uso di specifici attuatori.

Ci troviamo in un momento estremamente interessante e promettente dal punto di vista delle convergenze fra tecnologie. Per esempio, sono affascinato dai digital twin di parti biomeccaniche del corpo umano come potrebbe essere l’area di connessione tra il femore e l’anca di un individuo. Ricreando gemelli digitali sufficientemente fedeli di questi due oggetti è già oggi possibile determinare l’evoluzione che queste due parti potranno avere nel tempo, anche in funzione della valutazione del sovrappeso o della sedentarietà di un particolare individuo nel corso del tempo. E questo evidentemente permette di individuare per tempo determinati correttivi ai comportamenti individuali per ridurre al minimo le problematiche future come, ad esempio, il dover ricorrere a operazioni chirurgiche troppo presto. Oggi è decisamente più complicato riuscire a realizzare digital twin di oggetti più complessi come cuore e polmoni, ma presto arriveremo anche a quello.

Da non dimenticare poi tutta quella branca di intelligenza artificiale non generativa che, con il data mining, a fronte dell’analisi di grandi basi di informazioni è in grado di fornire per esempio sia i modelli epidemiologici che di processi industriali in ottica predittiva. Oppure studiare risposte farmacologiche individuali mirate, massimizzando la capacità di certi farmaci riducendone gli effetti collaterali ampliando il concetto di medicina di precisione.
E sono profondamente affascinato da tutti questi scenari che stanno trasformandosi in realtà.
 


 

Distributed Minds

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