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INTERVISTA AD ANTONIO ASSERETO FOUNDER DI PROXIMITY CAPITAL



��Una presentazione del tuo excursus professionale e non, ed il tuo motto 


Mi sono laureato in ingegneria gestionale presso il Politecnico di Milano e sono entrato nel mondo del lavoro come consulente in Bain&Company dove ho trascorso 5 anni intensi e molto formativi. In seguito ho lavorato in CIR (famiglia De Benedetti) come responsabile degli investimenti nel settore NPL (non performing loans) fino al 2014, quando ho fondato Proximity Capital con l’obiettivo di cogliere le occasioni che stavano nascendo nel settore del Venture Capital.

Sono sposato con due bambini e mi piace la vita attiva in montagna o al mare, lo sport e ho una passione per i viaggi alla scoperta di mondi diversi da quello in cui siamo inseriti.

Non ho un motto particolare a cui mi ispiro, ma se devo sceglierne uno allora: “Audentes Fortuna Iuvat”. Perché credo che solo su una base di lavoro serio e responsabile si possa poggiare un po’ di fortuna, se non costruisci qualcosa di rilevante assumendoti dei rischi e studiando tanto, non sarai mai fra quelli che possono affermare di essere stati “anche” fortunati.

 

�� Ci parli di Proximity Capital declinando i principali pilastri su cui poggia il vostro business model?


Proximity Capital è un operatore attivo nel venture capital italiano che ha l’obiettivo di individuare e sostenere imprenditori che vogliono costruire imprese tecnologiche in grado di cambiare i settori di riferimento.

Abbiamo un network di investitori di lungo periodo costituito principalmente da persone fisiche ed imprenditori che supportiamo nella ricerca di startup in cui investire e spesso investiamo insieme a loro. Ad oggi gli investimenti effettuati ammontano a circa 60M€ in circa 25 startup principalmente italiane, anche se abbiamo investito anche in UK e in Germania.


�� L 'investimento pro-capite in venture capital di una nazione sia un indicatore molto puntuale della fiducia che gli stakeholder di quel sistema economico hanno rispetto al suo futuro. Quali sono i passi che ritieni ineludibili affinché in Italia (35 euro investiti in innovazione tecnologica, contro i 70 della Spagna tacendo confronti più impietosi) ci possa essere un’inversione di tendenza?


Mi interrogo di continuo su quali siano le vere motivazioni per cui l’Italia fatichi così tanto a sviluppare il settore del venture capital, che è sempre di più quello che abilita la tecnologia e la modernizzazione. Credo che sia molto chiaro a chiunque che la competizione futura si baserà sulla capacità di adottare la tecnologia massivamente all’interno del processo industriale di ogni paese e non farlo significa semplicemente relegare il paese ad un ruolo sempre più marginale nello scenario economico e politico mondiale. La traduzione sulla vita di tutti i giorni di questo sarà inevitabilmente l’impoverimento continuo rispetto ai paesi più sviluppati, quindi la perdita delle menti più brillanti che vogliono essere inserite in un contesto moderno e competitivo, generando una spirale negativa molto pericolosa per noi e per i nostri figli. Gli USA sono l’esempio per eccellenza: hanno una produttività pro capite più che doppia rispetto a noi e questo è il risultato di investimenti continui in tecnologia. Basti pensare che oggi oltre il 40% della capitalizzazione di Wall Street è costituita da ex-startup ed oltre il 60% della spesa in ricerca e sviluppo americana deriva da aziende finanziate dai fondi di venture capital. Credo che non servano altri esempi per qualificare l’importanza strategica del venture capital nelle economie moderne: il paese più influente al mondo è in quella posizione perché ha saputo investire sulla modernità.

Detto questo, è troppo semplice attribuire la mancanza di visione sempre e solo alla politica perché il problema, secondo me, sta nella mentalità e nell’approccio generalizzato al nuovo che porta inesorabilmente ad una mancanza di visione a tutti i livelli.

Provo a spiegarmi con un esempio relativo al mio ambito: il venture capital è un settore che richiede professionalità e competenze specifiche, tra queste anche la capacità di costruire un portafoglio diversificato di startup che devono prima o poi generare un ritorno più alto dei capitali investiti. Diversamente da altre tipologie di investimento come le azioni, i bond o il private equity, gli investimenti in venture capital sono singolarmente molto rischiosi (“singolarmente” perché esistono modalità di attenuazione del rischio costruendo dei portafogli in modo professionale) e tipicamente i fallimenti arrivano prima delle famose “exit” (ovvero quando viene realizzato l’investimento attraverso la cessione della propria quota in una data startup). Questo significa che bisogna essere consapevoli che le “brutte notizie” arrivano subito, mentre le “buone notizie” (ovvero le exit positive) arrivano dopo diversi anni. Ma possono anche essere notizie molto buone in termini di moltiplicatore dell’investimento totale effettuato. Bene, in Italia questo non si è compreso e quindi c’è stato un proliferare di soggetti non specializzati che hanno incominciato a fare investimenti in startup perché “è di moda” senza la visione di costruire un portafoglio equilibrato. Il risultato di questo processo è che, ai primi fallimenti, cala una cortina di negatività sull’asset class “venture” perché “è troppo rischioso”. La realtà è diversa: il venture capital sviluppato in modo professionale garantisce diversificazione, sempre necessaria nella corretta allocazione degli investimenti, e rendimenti consistenti in un arco temporale di lungo periodo (10 anni).  Questo è un problema di mentalità e di mancanza di professionalità che porta a vivere il fallimento di una startup come qualcosa da nascondere: perché gli investitori si affidano ad un consulente per scegliere in che azioni o bond investire, ma pensano di poter selezionare da soli in quali startup farlo?

Credo che il gap con gli altri paesi sia colmabile e debba assolutamente essere colmato, ne va del nostro futuro come paese, e ci sono molti modi per farlo. Il mantra deve essere la professionalizzazione del settore legata ad uno schema di incentivi che renda conveniente investire in team di investimento strutturati: dobbiamo puntare ad avere grandi fondi di investimento alimentati da investitori istituzionali. Il legislatore deve creare le condizioni affinché ci sia una spinta alla creazione di questi operatori iper-professionali che si occupano di venture capital secondo le best practice internazionali e deve semplificare drasticamente la creazione e la gestione di fondi specializzati. Poi ci sono anche interventi da effettuare dal lato delle startup e che riguardano principalmente la semplificazione della gestione della governance, ma su questo tema ci sono già diversi confronti in atto.

Questi ingredienti, insieme a qualche esempio di successo eclatante come Satispay, possono generare quella accelerazione negli investimenti che porterebbe l’Italia nel posto in cui merita di stare, ovvero insieme a Francia e Germania.     

 

�� Un focus del lavoro di Venture Capitalist è gestire e ridurre al minimo le incertezze per i propri investitori. In un contesto mondiale che pare contrastare questo obiettivo, l’intelligenza predittiva della AI che valore ha o potrà avere per il tuo team?


L’AI è una tecnologia che avrà sicuramente un impatto profondo sul modo con cui vengono effettuate oggi molte attività sia in campo consumer che in quello business.

Al momento, poiché la velocità evolutiva dell’AI è veramente impressionante e quindi è molto complicato ipotizzare con precisione quali saranno gli effettivi impatti anche solo fra pochi anni, è un potente strumento in grado di incrementare la produttività del singolo a patto che questo abbia esperienza su come “interrogare” l’intelligenza artificiale.

In Proximity Capital lavoriamo da un anno al progetto che prevede la revisione di tutto il processo di investimento interno con l’adozione di una infrastruttura tecnologica che utilizza anche strumenti di AI. Ci aspettiamo di migliorare la qualità e la profondità dell’analisi effettuata, imparare dai nostri errori e attivare un processo di miglioramento continuo delle nostre decisioni di investimento. Secondo noi esiste la possibilità di espandere con successo l’area geografica di ricerca dei target di investimento, migliorando la qualità di analisi e senza un incremento massivo del team. Insomma, in questo momento chi è in grado di applicare correttamente l’AI ha un vantaggio immediato nella qualità delle analisi a parità di dimensione del team e si pone nella migliore condizione per continuare ad innovarsi parallelamente agli sviluppi tecnologici che arriveranno “domani”.

 

�� “Sai che ho sempre pensato che gli unicorni fossero mostri di fantasia? Non ne avevo mai visto un vivo! -Beh, ora ci siamo visti - disse l'unicorno. -Se crederai in me, io crederò in te -Lewis Carroll “Il vostro marchio di fabbrica è essere saliti a bordo di Satispay dagli albori della loro avventura; la citazione di sopra cosa ti ispira ripensando al fantastico viaggio che state facendo insieme?


Abbiamo investito per la prima volta in Satispay nel 2014 in occasione del primo round aperto ad investitori terzi e poi abbiamo reinvestito in ogni aumento di capitale, compreso l’ultimo del 2022 in cui Satispay è diventata Unicorno (valutazione superiore a 1 miliardo di Euro). Oggi gli investitori che fanno riferimento a Proximity Capital detengono una quota importante della società e i primi investitori stanno realizzando multipli sull’investito a doppia cifra e credo che in futuro questo valore crescerà in modo importante.

Nel 2014, quando ho conosciuto il co-fondatore di Satispay Alberto Dalmasso, mi disse che voleva costruire un sistema di pagamenti indipendente dalle carte di credito e che avrebbe fatto concorrenza ai player più grandi al mondo. Se me lo avesse detto un’altra persona, mi sarei alzato e avrei chiuso il dossier, ma il modo con cui lo raccontava, la posizione del corpo, il tono della voce e la luce che aveva negli occhi mi hanno colpito al punto che posso ancora ricordare ogni dettaglio di quell’incontro.

Satispay rappresenta per me molto di più che un semplice investimento; ho vissuto fianco a fianco con i founder tutti i momenti belli o difficili di questo entusiasmante viaggio e ci siamo legati in un rapporto di amicizia vero che si è esteso anche alle nostre famiglie.  

L’esperienza vissuta in prima persona in questi 10 anni mi ha permesso di crescere professionalmente, ho avuto modo di osservare da vicino l’approccio e la mentalità di due founder straordinari e in un certo senso ho assorbito la loro continua tensione a migliorarsi, a pensare in grande e ad avere coraggio nei momenti più complicati. La cosa che ancora oggi più mi sorprende è come, al crescere dell’azienda e del livello dei soci, Alberto e Dario, i due founder, continuino a crescere insieme ad essa senza che si possa intravedere il loro limite professionale. E’incredibile come la loro capacità di alzare in continuazione il livello parta prima di tutto da loro stessi e si trasferisca di conseguenza a tutti i livelli dell’organizzazione interna di Satispay. Credo che questo sia il principale ingrediente del successo avuto fino ad ora.

Potrei parlare per ore di quanto sia stata di ispirazione quest’avventura fino a qui, ma il messaggio che mi sento di condividere è che le persone sono il driver più importante su cui valutare ogni investimento nel venture capital. Più queste persone sono ispirate da valori alti, etica, risolutezza, coraggio, umiltà nei confronti del progetto che portano avanti e ambizione, e più è alta la probabilità di successo. Si possono leggere diverse interviste di Alberto in cui afferma che la chiave del successo è stata la consapevolezza di entrambi di essere parte di un progetto molto più importante e grande di loro stessi. Dietro questa affermazione c’è tutta la rotondità della persona perché significa lavorare per uno scopo più grande, sacrificarsi, significa non essere protagonisti, ma al servizio della società che si sta creando e possedere un sistema di valori integro, alto e non intaccabile. E, oggi, il messaggio che i valori positivi possano portare ad un successo eclatante è estremamente confortante e di ispirazione per me.     

 

�� Un’analisi d JPMorgan contestualizza il 2024 per gli investimenti con il termine transizione: politica monetaria, inflazione, intelligenza artificiale ed energie rinnovabili sono i punti chiave di questa considerazione. Qual è il tuo punto di vista a riguardo? Vuoi aggiungere un altro termine che definisca le tue aspettative del 2024 per ciò che concerne nello specifico il settore del Venture Capital?


La visione macroeconomica generale è orientata verso uno scenario di “soft landing” a seguito del biennio post-pandemico e i mercati stanno già scontando i tagli dei tassi da parte delle banche centrali; infatti i valori di borsa sono alti in questo momento. Dal lato dell’economica reale sembra infatti che ci sia stato un rallentamento soprattutto in quei paesi a vocazione più industriale (Germania in primis). La risposta a questo scenario è appunto la transizione verso un’economia più sostenibile. Per esempio, il settore energetico è in fibrillazione in questo momento per via delle aspettative future di una richiesta di energia esponenziale legata all’elaborazioni richieste dall’intelligenza artificiale. Trovare una fonte di energia pulita è una sfida ambiziosa e in qualche modo magica.

Concordo che ci troviamo quindi nel pieno di un periodo di transizione che porta con sé, come accade sempre, aspettative sulle innovazioni tecnologiche future. La storia insegna che a volte queste aspettative sono troppo spinte ed è fondamentale, per chi è impegnato nel venture capital, identificare quali saranno i macro-trend da seguire senza farsi conquistare da scenari troppo futuribili. Dall’altro lato la crisi del venture capital, da cui stiamo uscendo anche grazie alla nuova ondata tecnologica rappresentata dall’AI, lascerà dei segni profondi; mi riferisco in particolare al ruolo dei team di investimento che è destinato a richiedere una sempre più profonda specializzazione. Probabilmente sta terminando l’era dei venture capital generalisti, solo chi ha elaborato una tesi di investimento profonda e specializzata sarà in grado di raccogliere fondi di dimensioni rilevanti e sarà sempre più difficile la raccolta di micro-fondi generalisti. La conseguenza di tutto ciò sarà l’affermazione di player di medio-grandi dimensioni con team dedicati e con tesi di investimento su verticali definiti. Speriamo che questo accada anche in Italia dove il tessuto economico costituito storicamente da PMI sta conoscendo un processo di modernizzazione a seguito del ricambio generazionale in corso (guidato dai fondi di Private Equity) ponendo le basi per la proliferazione di startup in grado di agevolare questo processo.


�� Rubiamo da Proust qualità preferita in una persona, il tuo peggior difetto


La qualità di una persona che preferisco è la trasparenza. Credo che le relazioni fra le persone siano fondamentali in ogni aspetto della vita di un individuo; nel lavoro che svolgo per esempio sono la base del successo delle operazioni di investimento. E per creare una relazione vera e proficua è fondamentale che ci sia trasparenza fra le parti perché questo è l’unico modo per creare fiducia reciproca. Tutti i rapporti non basati sulla trasparenza sono per forza di cose “costruiti” e quindi non genuini, in sostanza non di lungo periodo.

Sono anche attratto dalle persone con visione e coraggio, perché sono in grado di rappresentare un ideale di futuro migliore rispetto al tempo in cui viviamo e hanno il coraggio di provare ad applicare la loro visione rischiando personalmente. Loro sono la benzina per l’evoluzione della società e in tempi complessi come questi abbiamo bisogno di persone così per competere in un mondo sempre più eterogeneo.

Il mio peggior difetto direi che è la mia naturale propensione ad essere sempre molto (troppo) diretto. Questo a volte, se accompagnato da una comunicazione non perfetta, crea attriti con le persone non disposte a ricevere il messaggio in questo modo. Ma col tempo e l’esperienza ho imparato che la natura si può in qualche modo smussare, quello che rimane è un difetto che le persone che mi conoscono sanno che è presente e accettano. 

 

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