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Diversity and Inclusion in blockchain : Giulia Arangüena, Avvocato, Fintech e Blockchain

Lei è Giulia Arangüena, Avvocato, Fintech e Blockchain, Partner di GIM Legal STA S.r.l., AML & Compliance Officer di Mistral Pay Ltd, Founder di ADLP Studio Legale, research fellow della Digital Euro Association – DEA di Francoforte, membro del Consiglio Direttivo di Italia4Blockchain e della roundtable del Comitato Scientifico di San Marino Innovation S.p.A. 

1. Raccontaci in breve la tua storia e come sei atterrata nel mondo Blockchain?

Grazie per la domanda Sara. Mi dai la possibilità di raccontare uno snodo fortunato, un vero colpo di fortuna che ancora non so come ho fatto a trovarmi fra le mani.

Era tra il 2010 ed il 2011. Ero da poco uscita da uno studio legale internazionale dove avevo trascorso quasi un decennio. Lo studio inglese Simmons&Simmmons. Ero incerta sulle possibilità di continuare con la mia piccola organizzazione professionale a sbarcare il lunario. La crisi economica era pesante ed io ero stata colpita dalla crisi con Simmons&Simons in un’età tale che, per quanti sforzi facessi, non riuscivo a realizzarmi neppure attraverso un progetto famiglia. Insomma, brutto. Continuavo a lavorare sul carico di pratiche che comunque avevo generato quando ero da Simmons&Simmons e che avevo portato ia andandomene. Ma erano “a chiudere”, ed avevo “ossigeno” forse per un altro anno e mezzo, forse due, al massimo.  

Dunque, cercavo. Cercavo nuovo lavoro e cercavo nuovi temi da inserire nel mio vecchio blog, sperando sempre di individuare anche nuove aree di specializzazione da combinare con la mia passione per le nuove tecnologie e le mie abilità informatiche, da geek. 

Avevo già da un paio di anni il mio account su Twitter. E poiché allora su Twitter c’erano pochissimi account italiani e quasi tutti erano persone tech-savvy, ero riuscita a cogliere nettamente sulla mia timeline una parola ricorrente: Bitcoin. Così prendevo spunti da Twitter e da lì risalivo a siti, portali, forum, comunità di sviluppatori su Github, ecc. Sempre partendo dal basso; “inseguendo hashtag” in pratica. 

In questo modo individuai Bitcoin.org che deteneva il codice sorgente, e gli account di alcuni del team di sviluppo di Bitcoin Core: fra tutti Gavin Andresen. E mentre li seguivo, mi accorsi anche dei primi nomi italiani, visto che l’italiano è stata la prima lingua di traduzione del protocollo Bitcoin a maggio del 2010 per opera di Franco Cimatti. 

Vivevo le mie notti incollata a questi account su diverse piattaforme, e ne seguivo le conversazioni. Leggevo ciò che capivo, cercavo thread su quel che non capivo, assorbivo e intercettavo l’esistenza dei primi servizi che nascevano. E in questo percorso, gradualmente, mi rendevo conto, con sempre più coscienza, dell’eccezionalità di cosa stava avvenendo. 

Questa fase durò più di un anno. Il giorno lavoravo e la notte prendevo contatti, chiedevo suggerimenti, ricevevo indicazioni; e, a volte, quando mi convincevo, mi iscrivevo a dei servizi per provarli o tentavo acquisti per capire cosa fossero i wallet, come funzionavano, come si facevano i trasferimenti e cosa fossero le cryptovalute che intanto nascevano come funghi a velocità della luce avanti ai miei occhi.

Immersa in quel Big Bang – che vedevo esplodere di notte, online – chiesi a luglio del 2012 ad una mia giovane stagista di prepararmi una bozza per un post sul Bitcoin e la Blockchain. Le consegnai del materiale di partenza, e quando ricevetti indietro la bozza rimasi sconvolta. Era tutto ancora molto liquido, così come l’esposizione del post, del resto, ma era una base. Una base ancora da modellare, ma ci si poteva cominciare a incorniciare dentro il senso del prodotto economico e finanziario più ingegnoso di sempre. L’invenzione più importante dopo la ruota e il torchio della stampa.

Ci misi mesi prima di pubblicare quel post sul blog. Allargavo continuamente le ricerche e le fonti informative, arricchendo il tema e la stesura. Pubblicai il post che ormai era il 2013; poco dopo aver intercettato online la prima ricerca sulle valute virtuali ed il Bitcoin da parte della Banca Centrale europea che mi convinse definitivamente della serietà dell’argomento, e soprattutto della fondatezza della fissazione che, intanto, mi era venuta e che coltivavo in ogni momento libero che avevo. 

Accidenti, la racconti come se fosse una favola! E poi cosa successe?

Beh, per me è proprio una favola. La favola di una “bella addormentata” qualsiasi che un giorno come gli altri in un bosco viene baciata da un principe sconosciuto che poi fugge via. Ed io l’ho inseguito solo perché volevo capire chi fosse.  

Insomma, dopo quel primo post del 2013, venni contattata da un gruppo di ragazzi di Bergamo. Giovani giuristi freschi di laurea.  

Abbiamo avuto scambi elettrizzanti e poi ci siamo conosciuti, decidendo di costituire un gruppo di studio permanente. E il gruppo di studio funzionò alla grande. Raccoglievamo materiale, lo postavamo nello spazio di lavoro comune e lo commentavamo, approfondendo mano mano le linee che sembravano avere un qualche impatto giuridico ed economico. Parallelamente, con una serie di fake account su Twitter, aumentavamo sempre di più l’efficacia della campionatura delle discussioni che trovavamo seguendo parole chiave.

Alla fine, quando buttando giù, su un fazzolettino di carta di un pranzo a Firenze, lo schizzo delle categorie economiche presenti nello spazio delle criptovalute che avevamo censito e studiato, mi accorsi che difronte avevo la piramide del Capitale, nuova di zecca e p2p innestata su una social machine inarrestabile. E mollai ogni indugio. Riuscii a procurarmi un editore disposto alla pubblicazione di una monografia sul Bitcoin, allora del tutto sconosciuto in Italia. Mi feci validare il progetto e sottoscrissi un contratto di edizione. 

A Gennaio del 2014 venne pubblicato dalla Goware, “Bitcoin, l’altra faccia della moneta” che voleva essere un primo approfondimento giuri-economico delle criptovalute e del Bitcoin. Un libro preistorico e ingenuo, ma che comunque ha cambiato la mia vita. 


In che senso? Che vuoi dire? 

Voglio dire che la mia vita ha preso un’altra direzione proprio a partire dalla pubblicazione di quel libro. Da allora, infatti, sono cominciati i primi eventi, i miei contatti ufficiali con la Fondazione Bitcoin Italia e alte entità che poi si sarebbero poste come riferimento di categoria. Ci fu il primo Internet Festival del 2014, dove incontrai la Prof.ssa Dianora Poletti, docente di diritto dell’informatica dell’Università di Pisa con la quale collaboro tuttora. Ci sono state le docenze e i seminari. E ci sono stati i contatti con i primi operatori economici. L’importazione dagli USA della prima teller machine che pesava due quintali e veniva dalla California; e la collaborazione con enti finanziari vigilati che volevano offrire servizi ai provider di criptovalute. Così ho cominciato gradualmente a qualificarmi professionalmente via via, sul campo.

Intanto la Blockchain andava avanti. C’erano ormai migliaia di Altcoin. C’era stato l’avvento di Ethereum e degli smart-contract. E, a un certo punto, ho intravisto l’approssimarsi di una valanga di applicativi di tipo finanziario e dei nuovi e rivoluzionari strumenti di finanziamento attraverso l’emissione e la vendita di token, che non erano più cryptocurrencies ma cominciavano ad incorporare anche di diritti e facoltà off-chain di varia tipologia. 

Quindi, sempre seguendo parole chiave ricorrenti, tra il 2014 ed il 2015 un altro hashtag colpì la mia attenzione: la parola Fintech. Proposi al Direttore del quotidiano online Key4Biz, con cui già collaboravo, di tenere una rubrica tematica. E cominciai a scrivere di Fintech; soprattutto nell’ambito dei pagamenti, visto che intanto avevo consolidato clienti attivi nei servizi di pagamento e nella moneta elettronica che avevano intersecato il loro business con le criptovalute, ed avevo pubblicato un altro libro sui pagamenti digitali insieme ad un amico che allora lavorava in UBI Banca.

In quegli anni sono stata anche molto attiva nell’advocating. E in quella veste sono anche riuscita, attraverso un’associazione in cui ero entrata, a concorrere ad una serie di audizioni alla Camera dei Deputati su questi temi, all’incardinamento della primissima Commissione parlamentare di indagine sul Fintech ed ho scritto una proposta di legge su crittovalute e moneta complementare per degli Innovatori; un gruppo di parlamentari che, comunque, non aveva alcuna sostanziale influenza sull’agenda del Governo di allora. Ma, nonostante la disattenzione dei decisori italiani dell’epoca, mi sono presa ugualmente le mie soddisfazioni. E, alla fine, sempre nel 2015, ho avuto anche l’onore di confrontarmi direttamente con Banca d’Italia, che finalmente, grazie a quell’associazione a cui partecipavo, eravamo riusciti a far sedere per la prima volta ad un tavolo sul Bitcoin per una roundtable al Sole24 ore.

La svolta decisiva però l’ho fatta subito dopo la nascita di mia figlia Matilde – che intanto ero riuscita ad avere, forse proprio perché avevo superato certi problemi psicologici trovando una nuova dimensione professionale. 

Non potrò mai scordarmelo. E’ stato durante la notte tra il 1° ed il 2 agosto del 2017. La notte del fork della catena di Bitcoin in Bitcoin Cash e della “grande paura” sulle sorti di Bitcoin. Quell’evento, che fu la “notte delle meraviglie” in cui mi ero immersa perché volevo riscattare i nuovi coin generati dal fork sulle chiavi private del mio wallet, mi fece rispolverare i contatti che avevo messo tra parentesi ed emerse definitivamente, grazie alla vittoria di Bitcoin sopra quel pericoloso attacco alla sua potenza di calcolo, la mia volontà assoluta di occuparmi di crypto-economy e di Fintech in qualunque modo e circostanza. 

Sei riuscita a fare quel che volevi? 

Beh’, a parte che ancora sto costruendo e non è un dettaglio, la risposta è sì, al 100%. 

Lavoro e cresco mia figlia cominciando già ad inclinarla verso tutto ciò che è Libertà, il valore assoluto su cui è costruita la rivoluzione Blockchain peraltro. E questo è esattamente quel che volevo già dieci anni fa, e per cui ho lottato in questi dieci anni.

Quando sono uscita da Simmons&Simmons, il mondo finanziario di allora stava esplodendo rovinosamente e con disonore, ed io difettavo di una definizione professionale, specialistica che mi potesse assicurare un futuro lavorativo. Ed ora, invece, ne ho una molto forte che mi sono conquistata da sola. Una specializzazione, peraltro, che, per come si sono messe le cose, con l’attuale pandemia e la futura bolla che esploderà per la crisi finale delle valute fiat massicciamente create dalle Banche Centrali, rappresenta senza dubbio un’ancora di salvezza. Anzi, è proprio un vero biglietto di sola andata per il futuro. E so perfettamente di averlo in tasca.

Spetta solo a me capire ora come impiegherò questo ticket e come metterlo a frutto per non sprecarlo. Ma ho già aperto il cantiere del mio prossimo decennio e sono fiduciosa. 

Qual è la tua posizione attuale?

Sono da poco diventata Blockchain&Fintech Partner di GIM Legal STA S.r.l.. Uno studio misto di commercialisti ed avvocati, costituito sotto forma di società di capitali, specializzato nella consulenza legale e regolamentare nei settori del banking & finance, insurance, capital market e del real estate. 

Il mio ruolo è quello di coordinare la neonata sub-industry Fintech dei servizi finanziari di GIM Legal e cercare di spendermi al meglio il ticket che ti dicevo facendo crescere una squadra di sherpa, cacciatori e tiratori in grado innanzitutto di agganciarsi saldamente alla rivoluzione finanziaria che sta cambiando di livello proprio in questo periodo con l’avvento delle CBCD’s, e poi di mettersi a servizio dell’iniziativa privata e dell’industria.

E sei contenta di questo passo? 

Sì. Sono molto contenta anche se ho rinunciato alla mia autonomia. Innanzitutto, perché in un certo senso riparto ancora dalla mia vecchia storia professionale legata a Simmons&Simmons, come il resto che ti ho raccontato. E secondo me è di buon auspicio.

Infatti, GIM Legal STA S.r.l. è una creatura giovane e in forte espansione, frutto degli sforzi e della visione di un mio vecchio collega e amico, Luigi Rizzi: senza dubbio la parte più sana e seria del settore del capital markets che ho visto transitare in Simmons&Simmons in quel decennio che sono stata lì. 

Tra l’altro questo mio cambiamento mi pare propizio in questo momento, perché proprio ora comincio il mio prossimo decennio professionale, e proprio ora si sta avviando l’ulteriore e forse decisivo cambio di passo della Blockchain finanziaria che con la pandemia non potrà che affermarsi definitivamente, così come il valore stesso del Bitcoin del resto. 

Qual è la tua giornata tipo, e quali sono le tue responsabilità e le attività quotidiane che non vedi l'ora di svolgere?

Una giornata lunghissima che, purtroppo, non è lunga quanto vorrei. C’è da dire che vado a letto molto tardi, quindi prima delle sette e trenta non sono cosciente. Salvo eccezioni. 

Vero è che, con la presenza di mia figlia, posso aver dormito due ore oppure nove, sempre alla stessa ora mi alzo. Attendo alla routine del mattino mia e quella di mia figlia, e poi accompagno Matilde a scuola. Alle 8 e 45, massimo le nove sono al PC, o quello del mio studio a casa o quello dell’ufficio. 

Comunque la cosa che non vedo l’ora di svolgere, e cerco di farlo ogni giorno, è quello che faccio quasi tutte le sere da anni: navigare nei miei temi, libera, dopo che ho cenato e messo a dormire Matilde, partendo sempre dalle quotazioni di scambio delle cryptocurrencies. Sono ore meravigliose. 

Quali sono i tuoi progetti per quest’anno?

Innanzi tutto, completare il piano industriale e di sviluppo del mio team. E non è un esercizio banale. E poi seguirlo. Il tutto continuando a studiare e a sviluppare le mie competenze in questo settore, oltre che lavorare e cercare di prendere clienti nuovi.

Vorrei cercare anche portare avanti l’azione di advocating nella Repubblica di San Marino dove siedo alla roundtable Blockchain del Comitato Scientifico dell’ente di scopo per l’innovazione della Repubblica. Vorrei cercare di portare nelle agende dei decisori il completamento del disegno legislativo occorrente per l’insediamento di quel che sono le categorie economiche principali di tutto l’ecosistema: gli exchange e i wallet provider. E magari proporre anche un progetto per una stablecoin di Stato, una CBCD della Banca Centrale di San Marino. Perché no? 

Secondo il WEF, la presenza femminile complessiva nella cripto-economia è compresa tra l'1% e il 5% a livello globale. Concordi con questi numeri secondo la tua esperienza? E Perché il mondo blockchain è dominato da una forte presenza maschile?

Sì che concordo. Anzi in Italia abbiamo percentuali ancora più basse. Comunque c’è da dire, e anzi vorrei proprio dirlo chiaramente: la presenza femminile, per quanto ridotta, c’è ed veramente molto qualificata.

In questi anni ho intercettato diverse donne che sono delle vere e proprie “menti” nel senso letterale del termine. Giganti. E ce ne sono diverse che stimo moltissimo e che ho usato come mie maestre a loro insaputa. 

Shermin Voshmgir per dirne una. Lei è il direttore del centro di ricerca sulla crypto-economy dell’Università di Vienna e fondatrice del think thank Blockchain Hub di Berlino. E’ stata la curatrice del progetto “The DAO”, ha collaborato nel progetto dell’e-residency del governo estone ed è autrice di uno dei libri fondamentali: Token Economy. Oppure Melanie Swan, una filosofa e teorica dell’economia, autrice di libri come Blockchain: Blueprint for a New Economy o Blockchain Economics: Implications of Distributed Ledgers: Markets, Communications Networks, and Algorithmic Reality. Oppure Primavera de Filippi – peraltro italiana – che è una giurista internazionale importantissima; la prima ad aver teorizzato la c.d. Lex Cryptographica quale erede della Lex Mercatoria, nata con l’avvento della tecnologia delle monete crittografiche.

E non mancano nomi femminili neppure sul fronte informatico e su quello imprenditoriale. Come Elizabeth Stark, professoressa di Comuper Science di Yale e, soprattutto, fondatrice e CEO di Lighting Network, il layer di secondo livello della Blockchain di Bitcoin che utilizza canali di micropagamento per scalarne la capacità e condurre transazioni in modo efficiente. Oppure Elizabeth Rossiello, CEO e fondatrice di BitPesa, una piattaforma digitale di cambio e pagamento per i mercati africani, fondata nel 2013. Pensa che BitPesa è stata la prima azienda a sfruttare la valuta digitale per ridurre in modo significativo il costo delle rimesse e dei pagamenti aziendali da e verso l'Africa sub-sahariana, nonché la prima società blockchain ad essere autorizzata dalla Financial Conduct Authority del Regno Unito.

Insomma, saranno anche poche, ma sono di un livello incredibile. Ed in Italia non mancano esempi. Uno fra tutti Marcella Atzori, ricercatrice del Center for Blockchain Technologies dell’University College of London, molto attiva sule questioni di governance delle DLT e sull’impiego nella Pubblica Amministrazione.

Perché c’è il dominio della presenza maschile? Per una combinazione di fattori. In quest’ambito devi stare continuamente a sviluppare competenze. E una volta acquisite non puoi fermarti perché il contesto cambia in continuazione in maniera veramente vorticosa. C’è bisogno poi di essere un po’ visionari, degli esploratori e forse anche dei sognatori un po’ folli. Insomma, è un mondo che va in collisione con il senso di praticità e concretezza femminile e con la costante mancanza di tempo delle donne che devono occuparsi anche dei figli e delle cose domestiche.

Quali suggerimenti hai per migliorare la diffusione, la conoscenza e lo sviluppo di blockchain? 

La Blockchain siamo noi, Sara. Ti ricordi? 

La Blockchain è la più grande forma di industrializzazione sia della fiducia che della cooperazione tra le persone. Innanzitutto bisogna accettarne i paradigmi tecnologici, e poi comprenderli dal punto di vista filosofico ed introiettarli nel proprio sistema di valori.

Non si innesca dall’alto o da un singolo punto di accesso (o di failure) la curiosità delle persone, né si migliora la conoscenza degli altri dall’alto verso il basso. La Blockchain non funziona in un’architettura gerarchica, ma solo in un network di lavoro condiviso e disseminato su più nodi/persone pariteticamente ordinate con uguale grado di possibilità e accesso alle informazioni. Le blockchain permissioned delle banche e delle altre istituzioni pubbliche – e ti prego di scriverle con l’iniziale in minuscolo – sono false, perché c’è sempre un server centrale e permessi diseguali tra i nodi; c’è sempre asimmetria informativa e quindi c’è sempre incentivo per le condotte al di fuori del consensus.

Questo vuol dire che bisogna accendere più nodi, poi fare massa critica di nodi pari-ordinati e poi scalare le capacità complessivamente prodotta dalla combinazione della potenza di ogni singolo nodo. 

Ergo, per migliorare la diffusione e la conoscenza e lo sviluppo della Blockchain va benissimo pure quello che stai facendo con queste interviste “al femminile”. L’essenziale è che si parli di Blockchain e che le persone - che in qualche modo sono già entrate in questo “protocollo di consenso”, come te - continuino a mettersi a disposizione del network e condividano la loro “potenza di calcolo” e consentano agli nodi di fare lo stesso. Senza massa critica non si va da nessuna parte. Ma per fortuna, così come per la sopravvivenza di Bitcoin bastano solo due nodi, la massa critica è facile da ottenere. 

E’ sufficiente mersi in testa di farlo e volere tutti la stessa cosa: affermare una finanza più democratica, e moltiplicare il valore, i mezzi di scambio e di accesso al valore.


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